Il riferimento alla scadenza del contratto di locazione nella sentenza di uno sfratto per morosità dichiarato inammissibile può costituire giudicato inficiante una successiva azione di sfratto per finita locazione? La fattispecie concerne un’azione di sfratto per finita locazione intrapresa dal locatore nell’ambito di un normale contratto ad uso abitativo di durata quadriennale, debitamente registrato. Intimata regolarmente la disdetta sei mesi prima della scadenza del contratto di locazione, in mancanza di riscontro del conduttore che continuava a detenere l’immobile, il locatore proponeva sfratto per finita locazione ai sensi dell’art.657 c.p.c.. Il locatore dichiarava in atti di aver già precedentemente intrapreso un’azione di sfratto per morosità nei confronti del conduttore con esito negativo avendo accertato, il Giudice, la intervenuta scadenza del contratto e la occupazione successiva dell’immobile sine titulo; ciononostante, il conduttore continuava a detenere l’immobile senza pagare la indennità di occupazione. Il locatario proponeva opposizione allo sfratto per finita locazione eccependo, tra l’altro, la inammissibilità della azione per intervenuto giudicato costituito proprio dalla precedente sentenza nella quale il Giudice aveva qualificato il rapporto quale occupazione sine titulo per l’avvenuta scadenza del contratto, in virtù di regolare disdetta intimata. Il locatore, relativamente alla eccezione di giudicato della precedente sentenza, precisava che si trattava di una mera valutazione incidentale che rimaneva estranea alla decisione e che, avendo peraltro dichiarato la inammissibilità della precedente azione di sfratto, il Giudice si sarebbe spogliato della potestas iudicandi. Il Giudice del Tribunale di Roma non convalidava lo sfratto per finita locazione in quanto, alla data di introduzione del secondo giudizio, il contratto di locazione risultava già cessato. In fase di cognizione piena, il Giudice evidenziava, però, che l’accertamento incidentale dell’occupazione sine titulo di cui alla precedente sentenza, non aveva forma di giudicato, essendosi trattato solo di un passaggio incidentale. Infatti, in tale sentenza il Giudice precedentemente adito aveva qualificato il rapporto di locazione sine titulo incidentalmente, rigettando la domanda di sfratto per morosità in quanto introdotta per canoni scaduti successivamente alla cessazione del contratto di locazione a seguito di disdetta. Il Tribunale richiamava la Cassazione a Sezioni Unite che ha statuito che “il giudice, enunciata una certa ratio decidendi, esaurisce la propria funzione e, pertanto, tutte le considerazioni svolte ulteriormente si risolvono in affermazioni ad abundantiam, non suscettibili né di passare in cosa giudicata né di essere censurate dal soccombente con un motivo di censura….omissis… “ (Cassazione SS.UU. 20.02.07 n.3840). Pertanto, in sede di merito, la domanda di parte attrice poteva essere accolta, in quanto si introduceva un ordinario giudizio risolutivo che, se non si conclude nella fase sommaria, esita in un ordinario giudizio a cognizione piena. La disdetta in atti risultava legittimamente comunicata nei termini prescritti e non solo tale scadenza contrattuale non era stata contestata dal conduttore nell’ambito dei due giudizi in cui era stato convenuto ma la intervenuta cessazione del contratto, in virtù della suddetta disdetta, era stata proprio eccepita dallo stesso convenuto/conduttore che non solo non l’aveva mai contestata ma l’aveva prodotta in atti. La parte attrice aveva provato ed allegato in atti il titolo per cui agiva (contratto di locazione regolarmente registrato). Il Giudice del Tribunale di Roma Sez. VI, con sentenza n. 4814 del 23.03.2023 accoglieva la domanda dell’attore, relativa alla cessazione del contratto alla scadenza contrattuale e per l’effetto, anche la domanda di rilascio condannando il convenuto alle spese di lite. Trani, 27.03.2023 (Avv. Alessandro Moscatelli)