La provvigione del mediatore matura se l’affare viene concluso indipendentemente dalla forma e dalle modalità dell’atto di trasferimento del bene. Una dottoressa dava incarico ad una agenzia immobiliare di procedere alle attività di mediazione per l’acquisto di una farmacia. L’azienda veniva ceduta alla interessata che non provvedeva, però, al pagamento delle provvigioni in favore del mediatore. Quest’ultimo era costretto a proporre ricorso per decreto ingiuntivo che veniva emesso dal Tribunale ed avverso il quale la dottoressa proponeva opposizione deducendo di nulla dovere, in quanto il contratto non si era concluso con l'attività di mediazione dell’agente immobiliare. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo. La sentenza veniva impugnata dal mediatore ma la Corte di Appello confermava la decisione del Tribunale. Sia nel primo che nel secondo grado, i giudici avevano ritenuto che il contratto concluso tra le parti, avente ad oggetto la cessione dell’azienda, non poteva essere considerato risultato dell’attività di mediazione in quanto ne era del tutto indipendente e diverso nella forma. Era stato istituito un trust ed erano state determinate diverse modalità di versamento del prezzo, previa risoluzione dell’originario contratto preliminare tra le parti che avevano anche condizionato la stipula dell’atto definitivo all’erogazione di un finanziamento richiesto dalla promittente acquirente e mai erogato. L’agente immobiliare, quindi, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Lecce. Tralasciando gli altri motivi di ricorso, per quel che interessa in questa sede, il mediatore, in particolare nel secondo motivo, lamentava la violazione o falsa applicazione degli artt. 1754, 1755, 1757, 1175, 1375 C.C., nonché dell’art. 116 c.p.c.. Evidenziava che la promissaria acquirente era stata messa al corrente della possibilità di acquistare la farmacia e che la stessa aveva riconosciuto anche per iscritto l'indispensabilità dell'intervento del mediatore. Dopo una complessa negoziazione l’affare era stato effettivamente concluso, a nulla rilevando che le parti avessero stipulato un contratto di compravendita del medesimo bene con qualche variazione inerente al solo prezzo e il fatto che lo stesso, tramite la creazione di un trust, fosse stato anche garantito da un terzo soggetto. La Suprema Corte parte dal presupposto che il diritto alla provvigione sorge quando il mediatore abbia reso possibile la conclusione dell’affare, il quale deve essersi realizzato “per effetto” del suo intervento (art. 1755 C.C.), ossia in forza di un’attività che è stata causa efficiente in proposito. Nel caso di specie, il giudice del merito, in ragione delle diverse modalità dell’atto di trasferimento stipulato, ha escluso il diritto alla provvigione senza tener conto dalla giurisprudenza univoca di legittimità che ha riconosciuto che “il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, senza che sia richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare, essendo sufficiente che il mediatore - pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo - abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata” (Cass. n. 25851/2014; Cass. n. 21559/2018; Cass. n. 11443/2022). L’apposizione al contratto concluso di condizioni o termini differenti, ossia “gli accomodamenti convenuti dalle parti nella estrinsecazione della loro libertà negoziale” (Cass. n. 25851/2014), non priva il mediatore del diritto al compenso – che sussiste pure quando al preliminare non segua la conclusione del definitivo (Cass. n. 17396/2022) - non potendo questo diritto legarsi alla definizione del contenuto del contratto concluso, ossia a vicende che riguardano oramai le parti contrattuali. Per escludere il diritto del mediatore alla provvigione occorre considerare se “la ripresa delle trattative tra le parti fosse intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, tali da escludere la rilevanza dell'intervento dell'originario mediatore” (Cass. n. 1120/2015; Cass. n. 22426/2020), idonee, cioè, a spezzare il collegamento causale tra l’affare concluso tra le stesse parti e l’attività compiuta dall’intermediario. Il nesso causale, nel caso di specie non è stato interrotto per le evidenti circostanze fattuali emerse: a) il conferimento al mediatore di un mandato di intermediazione di acquisto di una farmacia; b) il fatto che la promissaria acquirente veniva messa al corrente dal mediatore della possibilità di acquistare la farmacia in altra città, così escludendo che il venditore avesse rapporti diretti con la potenziale acquirente; c) la conclusione dello stesso tipo di contratto, pur se a diverse condizioni, ossia il successivo acquisto proprio della stessa farmacia (tra l’altro sita in un luogo distante centinaia di chilometri) tra le medesime parti. La Corte di Cassazione Sez. II, con sentenza n.11880 del 05.05.2023, accogliendo il secondo motivo di ricorso proposto dal mediatore ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Lecce rinviando ad altra sezione in diversa composizione al fine di verificare, attenendosi ai principi sopra enucleati, sotto il profilo causale, se il contratto definitivo sarebbe stato concluso ugualmente senza l’attività del mediatore. Trani, 03.07.2023 Avv. Alessandro Moscatelli