Contratto di mediazione atipica e mancata conclusione dell’affare. La questione cui dà risposta la Cassazione nella fattispecie di seguito descritta, concerne la possibilità o meno di prevedere una clausola in cui il proprietario di un immobile dia incarico ad una agenzia immobiliare di vendere il cespite pattuendo una provvigione a prescindere dalla conclusione dell’affare. Le due comproprietarie di un immobile affidavano l’incarico di vendita ad una agenzia immobiliare convenendo che la provvigione sarebbe maturata a prescindere dalla conclusione dell’affare. Una delle due comproprietarie manifestava la volontà di non procedere alla vendita avendo deciso di acquisire la quota dell’altra per diventare unica titolare del diritto di proprietà. L’agenzia immobiliare conveniva in giudizio le comproprietarie chiedendo il pagamento del compenso provvigionale e del danno per mancato guadagno; le convenute eccepivano la vessatorietà di una clausola che prevedeva il diritto del mediatore alla provvigione, sia pur ridotta di un 10%, per rinuncia a vendere alle condizioni pattuite. Il Tribunale adito condannava le convenute al pagamento della provvigione nella misura pattuita ed al risarcimento dei danni per mancato guadagno corrispondente alla provvigione che sarebbe spettata all’agenzia da parte dell’acquirente. A seguito di impugnazione proposta dalle due comproprietarie, la Corte di Appello, in accoglimento parziale, escludeva fosse dovuto il danno per mancato guadagno ritenendo dovuta la sola provvigione pattuita a favore delle comproprietarie. La Corte riteneva trattarsi di contratto di mediazione atipica configurante un mero rapporto di mandato e non di agenzia ritenendo non vessatoria la clausola che prevedeva comunque il compenso a carico delle clienti anche in caso di rinuncia alla vendita dell’immobile. Le due comproprietarie ricorrevano in Cassazione. Le ricorrenti lamentavano l’omesso esame di elementi probatori in merito al mancato perfezionamento di due proposte di acquisto che avrebbe fatto venir meno il diritto alla provvigione ma la Corte di legittimità confermava trattarsi non di un contratto di mediazione ma di un contratto di mandato connotato dalla volontà del mediatore di evitare l’alea tipica del rapporto di mediazione garantendosi la provvigione con l’acquisizione di una proposta di acquisto conforme alle condizioni previste e predefinite nell’incarico di vendita, senza necessità di conclusione dell’affare; nel rapporto di mandato, secondo la Cassazione, l’interesse del mandante è quello alla sollecita realizzazione dell’affare e quello del mandatario ad essere compensato per l’organizzazione volta a reperire un contraente. Le ricorrenti, nel secondo motivo, insistevano nel ritenere non dovuto il compenso provvigionale per non essere stato concluso l’affare; la Suprema Corte, però, alla luce del principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 C.C., affermava che è ammissibile la stipula del cd. contratto di mediazione atipica che permette pattuizioni deroganti alla disciplina dettata dal Codice Civile tra le quali vi è pacificamente quella relativa all’accordo con il quale una parte che si avvale dell’opera di mediazione si obbliga a concludere l’affare alle condizioni indicate nell’incarico o a pagare un compenso anche in caso di mancata conclusione del contratto procacciato. Le proprietarie, infine, eccepivano la vessatorietà della clausola in questione ma la Suprema Corte riteneva il motivo inammissibile perché già scrutinato in sede di appello con esclusione della presunta manifesta eccessività della clausola; la previsione di un compenso al mandatario, anche per l’ipotesi in cui il contratto di compravendita non si fosse concluso, era stata ritenuta legittima a prescindere dall’aver posto in essere le attività voltw alla ricerca di soggetti interessati; Con ordinanza n.36292 del 28.12.2023 la Cass. Sez.III Civile rigettava il ricorso e condannava le proprietarie al pagamento delle spese di lite. Trani, 11.01.2024 (Avv. Alessandro Moscatelli)