Si può usucapire un posto auto in una strada privata condominiale? In una stradina privata condominiale erano stati realizzati diciannove posti auto identificati catastalmente ed assegnati ai singoli proprietari. Era accaduto che, negli ultimi anni, un condomino si era impossessato di uno spazio adibendolo a posto macchina con conseguente restrizione degli altri spazi già esistenti. In pratica, nella stradina condominiale i posti macchina da diciannove erano diventati venti. I condomini, titolari del diritto di proprietà dei posti macchina nella stradina condominiale si rivolgevano, quindi, al Tribunale di Firenze poiché si era venuta a creare una situazione difforme rispetto a quella catastale: era stata ridotta ogni singola porzione per fare spazio a quella illegittimamente realizzata dal condomino non avente diritto in base ai titoli di proprietà. Accortisi della non rispondenza dello stato dei luoghi rispetto alla situazione catastale, i condomini chiedevano al Giudice affermarsi la insussistenza del diritto in capo al convenuto, che si era creato un posto auto, con condanna al rilascio dello spazio acquisito ed al ripristino dello stato dei luoghi mediante tracciatura degli originari posti auto nella loro consistenza catastale ed al risarcimento dei danni. Il convenuto avanzava domanda riconvenzionale di usucapione in relazione allo spazio acquisito, e gli attori chiedevano, nella denegata ipotesi di accoglimento, che al convenuto fossero imposti i costi e gli oneri per la ridefinizione catastale di tutti i posti insistenti nella stradina condominiale e per la tracciatura degli spazi nella stradina condominiale. Gli attori ritenevano aver subito una ingiustificata compressione del diritto di proprietà essendosi ridotte le dimensioni dei loro posti auto rispetto a quelle risultanti dai titoli, a causa dello spazio abusivo realizzato dal condomino senza titolo. La fattispecie costituisce lo spunto per verificare, in concreto, le modalità e l’esito dell’esperimento della domanda principale proposta dagli attori, qualificata come azione di rivendicazione ai sensi dell’art.948 del Codice Civile e della contrapposta domanda, formulata in via riconvenzionale dal convenuto, di usucapione ai sensi dello art.1158 del Codice Civile, sostenendo di aver utilizzato uti dominus lo spazio adibito a posto macchina per oltre venti anni. In tema di revindica è previsto a carico dell’attore l’onere di fornire la prova rigorosa della proprietà anche dei suoi danti causa fino a coprire il ventennio necessario per l’usucapione ma tale principio può subire opportuni temperamenti secondo la linea difensiva adottata dal convenuto, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Ord. n. 1569 del 19/01/2022). Nel caso di specie, il convenuto, pur formulando domanda riconvenzionale di usucapione, non aveva espressamente contestato il diritto di proprietà degli attori realizzandosi così la fattispecie, già esaminata dalla Suprema Corte, secondo cui “ove il convenuto in rivendicazione non contesta il diritto di proprietà del rivendicante sul fondo, quale risulta dal titolo, ma vi opponga un dominio utile, […], il tema del decidere ed il correlativo onere probatorio verte solo sull'esistenza di questo potere, con la conseguenza, ove esso sia dimostrato inesistente, dell'accoglimento della domanda di rivendicazione della proprietà piena del fondo.” (Cass. Sez. II, 11/11/1986, n. 6592). In ordine alla domanda riconvenzionale, la prova orale espletata nel corso del giudizio, non era stata idonea a dimostrare il preteso diritto del convenuto. In particolare, era emerso che il convenuto aveva utilizzato una porzione tra i posti macchina esistenti nella stradina condominiale, non delimitata da sbarramenti ed in assenza di opere idonee ad impedirne l’uso da parte degli effettivi proprietari o da semplice cartellonistica di divieto di sosta, determinando una situazione incompatibile con l’esclusività del possesso come requisito necessario per l’usucapione. Il Giudice del Tribunale di Firenze richiamava una massima della giurisprudenza di merito in virtù della quale “può ravvisarsi usucapione, relativamente al parcheggio di autovetture, nell'ipotesi in cui ci si limiti all'uso di una striscia di terreno come parcheggio e spazio di manovra, non essendo tale condotta di per sé espressione di un'attività materiale incompatibile con l'altrui diritto di proprietà e non avendo la relativa esteriorizzazione la valenza inequivoca di una signoria di fatto sul bene. D'altra parte, l'utilizzo di un'area a scopo di parcheggio può risultare transitoriamente consentito per mera tolleranza dal proprietario fondiario. Pertanto, onde provare il possesso pacifico e ininterrotto ai fini dell'usucapione, è necessario dimostrare di averlo utilizzato proprio come suo proprietario, per esempio, delimitando il posto auto con sbarramenti, catene, cancelli o altre opere di perimetrazione o recinzione idonee a impedirne l'uso al proprietario del fondo. Nella fattispecie, nulla di tutto ciò era stato compiuto dagli attori, i quali si sono visti pertanto respingere la domanda volta all'accertamento della intervenuta usucapione a loro favore di un'area di 11 metri quadri, coincidente con parte di un più ampio parcheggio privato” (Corte d’Appello Bolzano 2020/67). Sempre riguardo alla domanda riconvenzionale di usucapione, non era nemmeno emerso in maniera univoca quale fosse lo spazio della stradina condominiale utilizzato dal convenuto per il posteggio della propria autovettura (i testi escussi avevano indicato una ubicazione in punti diversi della stradina condominiale e non erano in grado di individuare quale fosse l’auto). Il Giudice del Tribunale di Firenze, quindi, con sentenza n.278 del 31.01.2023, rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione proposta accogliendo la domanda di rivendicazione degli attori che avevano, comunque, dato prova dei legittimi titoli di proprietà di tutte le particelle della stradina condominiale; peraltro, il convenuto non aveva contestato la loro proprietà limitandosi ad opporvi un dominio utile ad usucapire che si era tuttavia dimostrato inesistente. Il convenuto veniva condannato all’immediato rilascio dell’area da lui indebitamente occupata. Non veniva accolta la domanda volta ad ottenere la condanna del convenuto a provvedere, a sua cura e spese, alla ritracciatura dei posti auto, non essendo emersa alcuna prova che fosse stato lui a tracciare le delimitazioni attuali; non veniva accolta anche la richiesta di una condanna al risarcimento dei danni, non avendo gli attori offerto prova di non aver potuto liberamente disporre dei posti auto dei quali sono proprietari. L’esito del giudizio comportava, infine, una parziale compensazione delle spese di lite. Trani, 02.02.2023 (Avv. Alessandro Moscatelli)