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I presupposti per la maturazione del compenso in caso di affidamento di incarico senza esclusiva a più mediat

2023-05-17 15:09

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I presupposti per la maturazione del compenso in caso di affidamento di incarico senza esclusiva a più mediatori immobiliari.

I presupposti per la maturazione del compenso in caso di affidamento di incarico senza esclusiva a più mediatori immobiliari.


La professionalità degli agenti immobiliari dovrebbe lasciare poco spazio a condotte equivoche, sintomatiche di rapporti poco chiari con i clienti che possono compromettere il buon esito dell’affare e la maturazione del compenso provvigionale.


Il proprietario di un appartamento si era rivolto a due diversi mediatori conferendo incarico a ciascuno, verbalmente e non in via esclusiva, di procurare la vendita dello stesso immobile.


Il primo mediatore faceva visionare l’immobile ad un potenziale acquirente cui consegnava anche la scheda catastale dello stesso.


Il medesimo potenziale acquirente, qualche giorno dopo, contattava il secondo mediatore con il quale visitava nuovamente l’appartamento ed in seguito, presi i contatti con il promittente venditore, stipulava il contratto preliminare di compravendita obbligandosi al pagamento della provvigione.


Il primo mediatore veniva a conoscenza della avvenuta conclusione dell’affare e, assumendo di aver svolto attività per aver messo in contatto le parti, reclamava il diritto alla provvigione che, invero, non era stata concordata nell’ammontare,.


Intraprendeva il procedimento di negoziazione assistita a seguito del quale sottoscriveva un atto di transazione con il solo venditore pattuendo il compenso che veniva liquidato previo rilascio di quietanza.


A questo punto il primo mediatore agiva dinanzi al Tribunale nei confronti dell’acquirente al quale chiedeva il pagamento della provvigione.


Il Tribunale accertava che effettivamente il primo mediatore aveva svolto attività su incarico del venditore limitandosi, però, a far visionare l’appartamento ai potenziali acquirenti con consegna della scheda catastale.


Il Giudice, però, richiamava la giurisprudenza di legittimità in merito alle attività del mediatore idonee alla conclusione dell’affare ed ai fini della maturazione del compenso.


Secondo la Suprema Corte, “il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, poiché è sufficiente che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo - abbia messo in relazione le stesse, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata” (Cass. n. 7029/21; Cass. n. 869 del 2018; Cass. n. 25851 del 2014). Ed ancora “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato” (Cass. n. 30083/2019).


Secondo il Tribunale, alcuna prova era stata fornita per ritenere che l’affare tra le parti si fosse concluso in ragione dell’intervento dell’attore.


E’, infatti, da escludersi il diritto alla provvigione quando il mediatore non ha favorito alcuna relazione o messa in contatto tra le parti, né ha avviato alcuna trattativa, ma ha soltanto agevolato la visione dell’immobile da parte dei potenziali acquirenti (v. Cass. 16.9.2013 n. 21095).


Nel caso in oggetto la conclusione dell’affare si era perfezionata indipendentemente dall’intervento dell’attore, la cui attività si era esclusivamente limitata a far visionare l’immobile senza che questi mettesse in contatto le parti e avviasse alcuna trattativa tra le stesse.


All’interesse manifestato dal potenziale acquirente non era seguita alcuna attività da parte dell’attore per avviare la trattativa tra le parti, che invece era stata posta in essere da altro mediatore con il quale avevano rivisto il medesimo appartamento.


L’intervento del secondo mediatore aveva comportato la conclusione dell’affare con conseguente pagamento in suo favore delle relative provvigioni da parte dell’acquirente.


Non sussistevano, quindi, i presupposti per poter riconoscere in favore dell’attore il diritto a richiedere le provvigioni con la conseguenza che la relativa domanda veniva rigettata dal Tribunale.


            Il mediatore proponeva impugnazione della sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Milano cui resisteva l’acquirente.


Secondo l’appellante, il diritto del mediatore alla provvigione sussiste tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività di mediazione, ma non è necessario che vi sia stato l'intervento attivo del mediatore in tutte le fasi delle trattative.


La Corte d’appello rilevava che dalla attività del mediatore non era conseguita alcuna proposta di acquisto da parte del potenziale acquirente e neppure alcuna concreta trattativa con il proprietario dell’immobile.


L’affare era stato effettivamente concluso con la stipulazione del contratto preliminare di compravendita circa due mesi dopo l’originaria visita dell’appartamento procurata dal primo mediatore ed il contratto medesimo era stato concluso grazie all’attività del secondo mediatore.


Il primo mediatore, peraltro, non aveva ricevuto alcuna esclusiva ed il prezzo proposto dal secondo mediatore era diverso rispetto a quello del precedente.


Sulla base delle suddette circostanze la Corte riteneva che non fosse sorto in capo al primo mediatore il diritto a percepire la provvigione.


Posto, infatti, che, da un lato, il fatto che l’affare si fosse concluso grazie all’attività di un secondo mediatore non escludeva di per sé il diritto alla provvigione del primo mediatore, ma, dall’altro lato, dalla semplice attività di messa in contatto delle parti non derivava automaticamente il diritto alla provvigione per il primo mediatore, ma era necessario che l’attività di quest’ultimo avesse costituito l’antecedente indispensabile per addivenire alla conclusione del contratto.


Anche il giudice di appello richiamava la giurisprudenza di legittimità sul principio di causalità adeguata tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare: “Al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1, c.c., è necessario che tra l'intervento del mediatore e la conclusione dell'affare vi sia un nesso di causalità adeguata, senza che l'aver messo le parti in relazione tra loro sia di per sé sufficiente a conferire all'intervento il carattere dell'adeguatezza e senza che l'intervento di un secondo mediatore sia in sé idoneo a recidere il nesso di causalità tra l'operato del primo mediatore e la conclusione dell'affare. L'esistenza del nesso di causalità tra l'intervento del mediatore e la conclusione dell'affare è soggetta a verifica in sede di legittimità.” (Cass. n. 3165/2023);  “In tema di mediazione, il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipulazione del contratto, sempre che questo possa ritenersi conseguenza prossima o remota dell'opera dell'intermediario tale che, senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso. (Affermando tale principio, la S.C. ha dato rilievo causale all'intervento del mediatore che aveva posto in relazione i contraenti e fatto visitare l'immobile agli interessati i quali, dopo alcuni mesi dalla visita ed una volta rifiutata un prima offerta di acquisto, avevano collocato dei bigliettini nelle cassette postali di tutti i condomini così da riaprire le trattative e giungere all'acquisto dell'unità immobiliare, sia pure per un prezzo inferiore a quello inizialmente richiesto).” (Cass. n. 11443/2022).


Nel caso di specie, entrambi i mediatori erano chiaramente autorizzati a promuovere la vendita dell’immobile e nessuno di loro, in particolare il primo per quanto interessa, aveva un incarico in esclusiva; l’intervento del primo mediatore non aveva determinato la formulazione di una proposta d’acquisto e neppure l’avvio di una trattativa concreta tra le parti; l’affare si era concluso, in seguito all’intervento del secondo mediatore, ad un prezzo significativamente inferiore rispetto a quello per cui l’immobile era in vendita al momento del contatto originario procurato dal primo venditore.


La Corte di Appello di Milano con sentenza n.1562 del 15.05.2023 rigettava l’appello condannando il mediatore al pagamento delle spese di lite.


Trani, 16.05.2023                                         Avv. Alessandro Moscatelli



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