Il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare prescinde dal dato temporale e da accordi sopraggiunti. Come già detto in una precedente nota, la professionalità degli agenti immobiliari dovrebbe lasciare poco spazio a condotte equivoche, sintomatiche di rapporti poco chiari con i clienti che possono compromettere il buon esito dell’affare e la maturazione del compenso provvigionale. Nel caso in esame, l’attività dell’agente immobiliare è apparsa non causalmente determinante nella conclusione dell’affare proprio in considerazione di variabili ostative rappresentate dalla durata temporale dell’incarico e dal momento della conclusione dell’affare in presenza di un conferimento di incarico poco chiaro. Un’agenzia immobiliare riceveva incarico, in via esclusiva, di vendere un immobile. L’attività dell’agente proseguiva, di fatto, dopo la scadenza annuale dell’incarico in quanto, su espressa richiesta del mandante, il mediatore continuava a detenere le chiavi ed a procacciare potenziali acquirenti a cui faceva visionare l’immobile. L’agenzia immobiliare, sempre dopo la scadenza del mandato, su autorizzazione del mandante si occupava della redazione di un disciplinare tecnico operativo per la ristrutturazione dell’immobile al fine di poterlo piazzare sul mercato. Tra i potenziali acquirenti, l’agenzia immobiliare aveva fatto visitare l’immobile ad uno particolarmente interessato cui consegnava tutta la documentazione dell’immobile ed entrava in trattativa, poi bruscamente interrotta. A distanza di circa tre anni dal conferimento dell’incarico, il mandante richiedeva la restituzione delle chiavi e comunicava la irrevocabilità della scadenza del mandato di mediazione, di fatto ritenendo, unilateralmente, esaurito il rapporto contrattuale de quo, invito prontamente adempiuto da essa mandataria la quale, a decorrere da quella data, si disinteressava della mediazione a suo tempo regolarmente demandatale. Sta di fatto, tuttavia, che, dopo circa un anno dalla predetta risoluzione consensuale del rapporto, fatta eseguire una visura storica dell’immobile, l’agente immobiliare apprendeva dell’avvenuto acquisto proprio da parte del potenziale acquirente con cui era entrato in trattativa, senza essere stato preavvisato e senza il riconoscimento delle maturate provvigioni. L’agenzia immobiliare, dopo aver richiesto in via bonaria il pagamento delle proprie spettanze, così come pattuite nel conferimento di incarico, senza sortire esito alcuno, era costretta a rivolgersi al Tribunale proponendo ricorso ai sensi dell’art.702 bis c.p.c.. A supporto della domanda, ribadiva l’evidenza documentale rappresentata dal documento denominato “tagliando di visita”, sottoscritto dal potenziale acquirente con il quale lo stesso riconosceva espressamente l’attività di mediazione espletata dall’agenza incaricata che, di fatto, rendeva possibile l’incontro tra le parti, così maturando l’invocato diritto a percepire la provvigione ai sensi dell’art.1755 C.C.. Il mandante si costituiva in giudizio confermando la sottoscrizione dell’incarico originario disconoscendo la proroga oltre l’anno stabilito ed asserendo che era stata l’agenzia a trattenere le chiavi dell’immobile per i successivi tre anni, nonostante le reiterate richieste di restituzione; contestava finanche che fosse stato comunicato alcun nominativo di potenziale acquirente da parte dell’agenzia; rilevava, in ragione dell’inerzia e dell’evidente disinteresse della società ricorrente di aver conferito l’incarico di vendita ad un portale web; confermava di aver venduto al cliente indicato dall’agenzia l’immobile in questione senza, tuttavia, che il predetto nominativo gli fosse stato mai comunicato dal mediatore, disconoscendone, pertanto, alcun diritto alla richiesta provvigione. Il Giudice del Tribunale di Bari accertava l’esistenza del rapporto di mediazione e l’avvenuta proroga dopo la scadenza contrattualmente prevista: ciò emergeva dalla circostanza che la richiesta formale di restituzione delle chiavi fosse avvenuta dopo tre anni; accertava anche che il potenziale acquirente era lo stesso che due anni prima aveva visionato l’immobile tramite l’attività posta in essere dall’agenzia immobiliare. Il Giudice, però, riteneva che, per il conseguimento della provvigione fosse necessario che l’attività di mediazione costituisse pur sempre l’antecedente necessario per giungere all’affare, dovendosi configurare un’attività utile, non limitata solamente a far visionare l’immobile oggetto del mandato a vendere. Il diritto al compenso non sussiste allorché, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intermediario ma senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto di una “nuova iniziativa” in nessun modo ricollegabile alle precedenti o da questa condizionata, sicchè possa escludersi l’utilità dell’originaria intermediazione. La domanda del mediatore, quindi, veniva rigettata. L’agenzia immobiliare proponeva appello e si costituiva in giudizio il mediatore. La Corte di Appello di Bari richiamava il principio di diritto espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui: “In tema di mediazione, il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti sì da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto secondo il principio della causalità adeguata. La prestazione del mediatore può esaurirsi nel ritrovamento e nella indicazione di uno dei contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi della trattativa sino alla stipulazione del contratto, sempre che questo possa ritenersi conseguenza prossima o remota dell’opera dell’intermediario, tale che senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso” (Cass. sentenza n.11433 dell’8/4/2022). Secondo il giudice del gravame, il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, ritenendosi sufficiente che il mediatore, pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo formativo della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare “l’antecedente indispensabile” per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (cfr. Cass. n.869 del 16/1/2018). La sottoscrizione del “tagliando di visita” da parte dell’acquirente dimostrava l’attività posta in essere dal mediatore e, diversamente da quanto stabilito dal giudice di primo grado secondo cui ogni nesso eziologico era stato interrotto sia per il tempo trascorso (due anni) che per il diverso prezzo pattuito per l’acquisto dell’immobile, la Corte di Appello riteneva che fosse indubitabile che l’acquirente dell’immobile avesse appreso la notizia della collocazione dello stesso nel mercato immobiliare locale, solo ed esclusivamente tramite iniziative promozionali e pubblicitarie presuntivamente poste in essere dall’agenzia immobiliare dalla quale riconosceva espressamente di aver avuto informazioni in merito con “segnalazione dell’affare”. Le informazioni ricevute, ovvero gli estremi del venditore ed altre notizie utili (documentazione relativa al mutuo residuo gravante sull’immobile, chiaramente comunicato dal proprietario) costituivano, in tutta evidenza, quella “messa in relazione” delle parti, a sua volta rappresentante il richiesto antecedente necessario alla conclusione dell’affare. La non richiesta necessità di un intervento protrattosi per tutta la serie delle trattative, articolate e complesse nel tempo, rendeva irrilevante il rilievo temporale cui il primo giudice aveva attribuito efficacia ablativa del rapporto di causalità adeguata predetto, così come il risultato delle trattative stesse non può contrastare la circostanza che, senza l’intervento dell’intermediaria, l’acquirente non avrebbe potuto sapere della disponibilità alla vendita del cespite. La Corte di Appello di Bari con sentenza n.746 del 10.05.2023, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, condannava l’appellato al pagamento della provvigione al mediatore e delle spese di lite. Trani, 16.05.2023 (Avv. Alessandro Moscatelli)