Quando sorge il diritto alla provvigione del mediatore? Una pronuncia della Seconda Sezione della Corte di Cassazione fissa un importante principio diretto ad individuare il momento in cui sorge il diritto alla provvigione in favore del mediatore immobiliare. Il caso trae origine da un ricorso per decreto ingiuntivo depositato in Tribunale dal mediatore al fine di ottenere il pagamento della provvigione maturata in relazione alla attività svolta in favore di potenziali acquirenti di un immobile. Questi ultimi proponevano opposizione al decreto ingiuntivo assumendo che l’affare non si era concluso e, di conseguenza, non era sorto il diritto al pagamento del compenso poiché non era stato sottoscritto il contratto preliminare, predisposto dal mediatore, in quanto contenente evidenti variazioni nelle condizioni di pagamento del saldo del prezzo rispetto a quanto concordato nel corso delle trattative. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo. Il mediatore impugnava la sentenza dinanzi alla Corte di Appello di L’Aquila che accoglieva il gravame e confermava il decreto ingiuntivo. La Corte, dall’esame delle clausole contenute nel contratto di mediazione immobiliare, e in particolare della clausola che individuava il momento di maturazione del diritto alle provvigioni nell'avvenuta accettazione della proposta d'acquisto, riteneva esigibile il compenso da parte del mediatore, benchè la proposta irrevocabile di acquisto non contenesse né le modalità di pagamento del prezzo né il termine per la stipula del contratto definitivo. I potenziali acquirenti proponevano ricorso per Cassazione. Con il primo motivo i ricorrenti lamentavano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1754 e 1755 C.C. poiché la Corte di Appello, ritenendo la mera accettazione della proposta irrevocabile trasmessa dai promissari acquirenti elemento cardine del diritto alla provvigione, aveva violato le norme succitate svincolandosi dalla nozione di conclusione dell'affare. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, nel rapporto di mediazione ai fini della maturazione della provvigione occorre verificare - oltre al nesso di causalità tra la conclusione dell'affare e l'opera del mediatore, nonché l'identità dell'affare proposto con quello concluso (Cass. 22.01.2015, n. 1120) - il compimento di un'operazione generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che dia diritto di agire per l'adempimento o per il risarcimento dei danni (Cass. 3.11.2005, n. 24399). Di conseguenza, la proposta irrevocabile d'acquisto non può integrare un contratto preliminare. Nel secondo motivo di ricorso, i potenziali acquirenti, deducendo la violazione e la falsa applicazione di regole ermeneutiche contrattuali, dell'art. 1341 c.c. e dell'art. 1362 c.c. nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, lamentavano l’omissione di una operazione ermeneutica complessiva da parte della Corte d'Appello che non aveva tenuto conto di una clausola negoziale in cui era espressamente previsto che il pagamento della provvigione veniva riconosciuto al momento della stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare. Nel terzo motivo di ricorso, infine, i potenziali acquirenti deducevano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1337, dell'art. 1469-bis e dell'art. 1469-quinquies c.c. (oggi D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 - Codice del consumo), nonché l’omissione di un altro fatto decisivo per il giudizio. La Corte non aveva considerato la disciplina del Codice del Consumo e della vessatorietà delle clausole del contratto di mediazione considerato che risultava incerta la determinazione del compenso in tutti i suoi elementi. La Suprema Corte, accogliendo i tre motivi di ricorso, stabilisce importanti principi in materia di compenso nella intermediazione immobiliare. In ordine al primo motivo la Corte parte dal presupposto che, nel contratto di mediazione, il pagamento della provvigione ai sensi dell'art. 1755 C.C. è strettamente connesso alla conclusione dell'affare. La rilevanza causale della conclusione dell'affare, quale fondamento delle pretese di carattere patrimoniale del mediatore, del resto, emerge indirettamente anche dall'art. 1756 C.C., ai sensi del quale, salvo patti o usi contrari, il mediatore avrà diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite, anche se l'affare non è stato concluso (Cass. Sez. 2, n. 26682 del 24.22.2020). Dall'art. 1755 C.C. deriva, allora, che i soggetti intermediati, aderendo al contratto di mediazione, non assumono alcun obbligo di pagare la provvigione quale diretto corrispettivo dell'attività posta in essere dal mediatore a loro vantaggio, se non al momento della conclusione dell'affare (ex plurimis: Cass. Sez. 2, n. 28879 del 05.10.2022 - Rv. 665970-01; Cass. Sez. 2, n. 30083 del 19.11.2019 - Rv. 656202-01). Nel caso di specie, la proposta irrevocabile proveniente dal promissario acquirente ed accettata dai promittenti venditori assume la veste di accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro negozio traslativo della proprietà che mai ha avuto luogo. E', dunque, dal momento della stipulazione del contratto preliminare ovvero del contratto definitivo, se avessero avuto luogo, che sarebbe potuto maturare il diritto alla provvigione del mediatore. La Cassazione ha ritenuto fondati anche il secondo ed il terzo motivo. In effetti, la clausola contestata, laddove prevede la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell'affare (nell'interpretazione della giurisprudenza surrichiamata), determina un significativo "squilibrio normativo" (ex art. 33, comma 1, Codice del Consumo) e deve ritenersi nulla. D’altronde la Cassazione aveva già stabilito che la clausola che attribuisca al mediatore il diritto alla provvigione anche nel caso di mancata conclusione dell'affare per fatto imputabile al venditore può presumersi vessatoria, e quindi inefficace a norma dell'art. 1469-bis C.C. (norma applicabile ratione temporis al caso ivi esaminato), se le parti non abbiano espressamente pattuito un meccanismo di adeguamento di tale importo all'attività sino a quel momento concretamente espletata dal mediatore (Cass. Sez. 3, n. 22357 del 03.11.2010, n. 22357. Come argomentato nella citata sentenza, il compenso del mediatore, in caso di mancata conclusione dell'affare, trova giustificazione nello svolgimento di una concreta attività di ricerca di terzi interessati, attraverso la predisposizione dei propri mezzi e della propria organizzazione (Cass. n. 19656 dell'08.09.2020). L'accertamento relativo all'abusività della clausola va svolto anche nell'ipotesi in cui sia prevista l'anticipazione della maturazione del diritto alla provvigione, al fine di evitare che il diritto al compenso possa essere fissato in misura indipendente dal tempo e dall'attività da questi svolta. Ciò in conformità con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea secondo la quale l'art. 3, par. 1, della direttiva 93/13/CEE (corrispondente al nostro art. 33, comma 1, Codice del consumo) deve essere interpretato nel senso che la nozione di "significativo squilibrio" a danno del consumatore deve essere valutata mediante un'analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale (Corte di Giustizia Europea, C - 415/11, Mohammed Aziz). Nel nostro caso, soccorre l'art. 1755 C.C. laddove fa coincidere la maturazione del diritto alla provvigione con la "conclusione dell'affare", da interpretarsi nei termini e limiti sopra precisati. La Cassazione Civile Sez. II, con sentenza n.9612 delll’11.04.2023, ha cassato la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila praticamente rigettando la domanda di pagamento del compenso del mediatore e tracciando delle chiare indicazioni per la corretta individuazione del momento in cui sorge tale diritto. Trani, 04.07.2023 Avv. Alessandro Moscatelli