STUDIO LEGALE MOSCATELLI CANALETTI

Mediazione e domanda riconvenzionale.

2024-07-11 08:32

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Mediazione e domanda riconvenzionale.

Mediazione e domanda riconvenzionale.


 


Una delle questioni più controverse della mediazione civile e commerciale concerneva il problema della obbligatorietà o meno della stessa con riferimento alla domanda riconvenzionale.


In particolare, si poneva il problema della procedibilità nel caso in cui la parte convenuta in giudizio per una delle materie di cui all’art.5 del D.Lgs. n.28/2010 spiegava domanda riconvenzionale senza aver previamente esperito il procedimento di mediazione obbligatoria, pur instaurato per la domanda principale.


Il procedimento di mediazione, concepito per svolgersi senza particolari formalità, mostrava i suoi limiti in casi particolari come quello appena richiamato e la giurisprudenza si dimostrava altalenante nella ricerca della soluzione.


La giurisprudenza di merito affermava la obbligatorietà della mediazione anche per la domanda riconvenzionale sostenendo che “in presenza di una domanda riconvenzionale afferente a materia inclusa in quelle enunciate dall’art. 5, comma 1 bis, d.lg. n. 28/2010, il giudice deve assegnare termine per l’espletamento della procedura di mediazione anche laddove un tentativo di mediazione vi sia già stato prima dell’instaurazione del giudizio su impulso dell’attore, non potendo escludersi che la circostanza sopravvenuta della domanda nuova dei convenuti possa portare le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia” (Tribunale Verona sez. III, 12/05/2016 in Ilprocessocivile.it 30 AGOSTO 2016); anche di recente è stato affermato che “l’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, nel prevedere il procedimento di mediazione come condizione di procedibilità della domanda relativa ad una controversia in materia bancaria (o in una delle altre materie ivi indicate), menziona genericamente l’azione, senza distinguere tra quella proposta in via principale e quella svolta in via riconvenzionale. L’intenzione del legislatore è stata quella di favorire la composizione degli opposti interessi attraverso il dialogo tra parti e mediatore, con funzione deflattiva del contenzioso giudiziario. Ebbene, poiché la suddetta esigenza sussiste in base all’oggetto della domanda, quale che sia la parte che la propone, l’esclusione della mediazione per la riconvenzionale emersa solo nella fase giudiziale della lite determina una disparità di trattamento tra attore e convenuto del tutto ingiustificata, in palese contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza” (Corte appello Napoli sez. III, 05/07/2023, n.3227 in IUS Processo Civile 7 SETTEMBRE 2023).


Altra giurisprudenza era pervenuta ad una soluzione opposta affermando la non obbligatorietà della mediazione per la domanda riconvenzionale argomentando che “non sussiste alcun obbligo di esperire la mediazione a seguito della formulazione della domanda riconvenzionale, in quanto l'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nel fare riferimento a chi intende esercitare in giudizio un'azione, si riferisce al soggetto che incardina il giudizio, ossia all'attore, non al convenuto, ancorché questi abbia spiegato domanda riconvenzionale; inoltre imporre il tentativo di mediazione anche nel caso della riconvenzionale finirebbe per frustrare il principio di ragionevole durata del processo” (Tribunale Prato sez. I, 31/12/2021, n.880 in Redazione Giuffrè 2022).


Le posizioni assunte sull’argomento, quindi, sono state diverse: in primis, si è sostenuto che la mediazione andava esperita anche con riferimento alla riconvenzionale con onere di instaurazione, a pena di improcedibilità dell'intero giudizio, a carico dell’istante; secondo un’altra tesi, l'onere di mediazione riguarderebbe la sola riconvenzionale, con conseguente declaratoria di improcedibilità di questa sola domanda, in caso di suo mancato esperimento; infine, è stata considerata sufficiente la mediazione già esperita sulla domanda principale, non ritenendo necessario esperirla pure sulla riconvenzionale.


            Il Tribunale di Roma - Sez. V, con sentenza n.9450 del 13/06/2023, ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte di Cassazione ex art. 363-bis c.p.c. per la risoluzione della questione relativa all'eventuale sussistenza di obbligo di mediazione a fronte di proposizione di domanda riconvenzionale.


            Il quesito è stato esteso alle ulteriori domande avanzate in corso di causa da parte di terzi chiamati o da parte di terzi interventori, ovvero, da parte dell'attore il quale, a sua volta, avanzi reconventio reconventionis, ossia, “domanda che sia conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”.


            I dubbi sorgevano dalla formulazione generica della proposizione dell'art. 5, comma 1, del d. lgs. n. 28/10, “chi intende esercitare in giudizio un'azione [...] è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione [...]”: inciso che poteva ricomprendere ogni tipo di azione e, quindi, anche quella esercitata dal convenuto in riconvenzione, ovvero, dal terzo chiamato o dall'attore in riconvenzione verso una delle parti del giudizio.


L'esclusione della domanda riconvenzionale o delle altre surrichiamate dal novero applicativo dell'art. 5 poteva anche far pensare ad un'ingiustificata disparità di trattamento tra attore e convenuto.


            La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 07.02.2024 n.3452, si è pronunciata sulla questione di diritto se, ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sussista l'obbligo di provvedere alla mediazione nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, ove la mediazione sia stata già ritualmente effettuata, anteriormente alla prima udienza, in relazione alla sola domanda principale.


            L’obbligatorietà della mediazione è posta a carico di chi intende esercitare un’azione in giudizio ed è disposto che l'improcedibilità sia eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.


Tale condizione di procedibilità della domanda giudiziale è un presupposto processuale, il cui difetto è sanabile retroattivamente, qualora il giudice rilevi il mancato esperimento del tentativo o la sua pendenza, per permetterne la conclusione.


Le domande riconvenzionali "non eccentriche", in quanto si collegano all'oggetto del processo già introdotto dall'attore non devono essere precedute dall’esperimento della mediazione in quanto la legge non prevede espressamente né che la riconvenzionale sia sottoposta a mediazione obbligatoria, né le modalità processuali di tale eventualità; ed il legislatore, pur intervenuto anche recentemente sul tema quando la questione in esame era ampiamente emersa, nulla ha ritenuto di disporre al riguardo.


L'istituto processuale in questione si inserisce in un contesto riformatore che esprime la ratio di costituire "una reale spinta deflattiva e contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie" (così la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28 del 2010).


Gli istituti processuali diretti, in via preventiva, a favorire la composizione della lite in altro modo, quali le misure di Adr (Alternative dispute resolution), cui sono riconducibili le procedure di mediazione, la negoziazione assistita, il trasferimento della lite alla sede arbitrale e, nella stessa linea, la previsione generale del codice di rito civile, con gli artt. 185 e 185-bis c.p.c., relativi al tentativo di conciliazione ed alla formulazione della proposta di conciliazione da parte del giudice, rientrano nella  ratio di indurre le parti a conciliarsi nell'intento di economizzare la risorsa giustizia.


Il fine, dunque, è l'auspicata non introduzione della causa, risolta preventivamente innanzi all'organo apposito, in via stragiudiziale.


Secondo la Corte di legittimità, ciò induce a ritenere che la riconvenzionale c.d. non eccentrica non sia sottoposta alla condizione della mediazione obbligatoria. La mediazione è stata già esperita senza esito positivo, prima del processo o nel termine concesso dal giudice, dall'attore: onde la condizione di procedibilità è soddisfatta e la lite pende ormai innanzi ad un giudice, che ne resta investito.


La mediazione obbligatoria si collega non alla domanda sic et simpliciter, ma al processo, che ormai è pendente, onde, essendo la causa insorta, la funzione dell'istituto viene meno, non avendo avuto l'effetto di prevenzione per la instaurazione del processo: in quanto essa si collega alla causa, non alla domanda come tale, in funzione deflattiva del processo.


Sulle c.d. riconvenzionali "eccentriche", vi è giurisprudenza in materia di controversie agrarie secondo cui il convenuto veniva esonerato dal tentativo di conciliazione, salvo che in particolari e dettagliate casistiche causando eccessiva incertezza del diritto.


La non obbligatorietà della mediazione per la domanda riconvenzionale emerge da limiti, individuati dallo stesso legislatore positivo e dal giudice delle leggi, contro l'allungamento dei tempi dovuti alla mediazione obbligatoria ed altri simili istituti, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo.


Per la Corte costituzionale, dunque, la mediazione obbligatoria non viola il diritto di azione, sancito dalla Costituzione, soltanto laddove risulti idoneo a produrre il risultato vantaggioso del c.d. effetto deflattivo, senza mai divenire tale da provocare un inutile prolungamento dei tempi del giudizio.


Le indicazioni del giudice delle leggi additano, in sostanza, una linea di equilibrio fra il principio di azione di ordine costituzionale e le deroghe che possono esservi apportate in funzione di interessi di estrema rilevanza, ma confermano il carattere eccezionale delle ipotesi limitative: ne deriva che le condizioni di procedibilità stabilite dalla legge non possono essere aggravate da una interpretazione che conduca ad estenderne la portata (Cass. 21 gennaio 2004, n. 967, con riguardo alla conciliazione lavoristica).


Tutto quanto esposto indica l'esistenza di un bilanciamento degli interessi, già operato dal legislatore positivo e confermato come legittimo dal giudice delle leggi: in quanto, se è vero che anche un ripetuto strumento conciliativo extragiudiziale potrebbe condurre, a volte, ad una soluzione favorevole della lite al secondo, al terzo o ulteriore tentativo, è pur vero che così si finirebbe per contraddire l'intento di rendere più rapida e meno onerosa per tutti la risoluzione della controversia, quando questa sia ormai comunque instaurata.


Effetto deflattivo, ragionevole durata e divieto di inutili intralci sono, dunque, principi ampiamente presenti anche innanzi al giudice delle leggi.


L'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 estende a numerose materie la mediazione obbligatoria, al fine di evitare l'introduzione della lite ed assicurare una maggiore celerità al processo, non di ostacolarla oltre il ragionevole.


Con il fine di auspicata riduzione dei generali tempi di definizione del contenzioso civile si porrebbe in irrimediabile contrasto l'effetto di estendere alla domanda riconvenzionale un ulteriore e ripetuto analogo tentativo.


La soluzione che volesse sottoporre la domanda riconvenzionale a mediazione obbligatoria dovrebbe - per coerenza - essere estesa ad ogni altra domanda fatta valere in giudizio, diversa ed ulteriore rispetto a quella inizialmente introdotta dall'attore: non solo, quindi, la domanda riconvenzionale, ma anche la riconvenzionale a riconvenzionale (c.d. reconventio reconventionis), la domanda proposta da un convenuto verso l'altro, oppure da e contro terzi interventori, volontari o su chiamata.


Del pari, potrebbero esperirsi tante successive mediazioni non simultanee, con una assai poco efficiente gestione separata dei conflitti, che difficilmente condurrebbe ad un proficuo ed unitario accordo fra tutte le parti; mentre il processo necessariamente vedrebbe una trattazione disordinata e disarticolata, in attesa dell'esperimento di tanti tentativi di conciliazione stragiudiziali.


Le Sezioni Unite della Cassazione, quindi, hanno enunciato il seguente principio di diritto: "la condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l'intero corso del processo e laddove possibile".


                                                                                  Avv. Alessandro Moscatelli



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